Inchiesta sui morti di Teulada, ecco le carte “segrete” (almeno così dice il ministro)

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Nel mare del poligono di Teulada, in Sardegna,  non c’è niente. O quasi. Le forze armate di mezzo mondo vanno lì a esercitarsi alla guerra da più di cinquant’anni eppure, secondo le ricerche commissionate dal ministero della Difesa, il fondale non è proprio come quello di Cala Goloritzè, ma poco ci manca. Certo, sono state trovate due mine inerti, un rottame di aereo, qualche rete di pescatori abbandonata. Ma non ci sarebbe il tappeto di bombe che tutti si aspettavano. La “certezza” viene dallo studio del Nurc (Nato undersea research center)  condotta nel 2007 su cinque chilometri quadrati di mare nella zona permanentemente interdetta alla pesca, alla navigazione e alla balneazione. Un monitoraggio in due tornate: maggio-giugno 2007 con i sofisticati sistemi della nave Leonardo e, nel 2009, con i sub di una società privata, che hanno setacciato le parti di fondale più impervie e coperte dalla posidonia oceanica. Per anni non si è parlato di queste relazioni, ma la vicenda è tornata alla ribalta mercoledì, quando in commissione Difesa, alla Camera, si è discussa un’interrogazione del deputato di Sel, Michele Piras, che chiedeva conto delle risultanze dimenticate. Dalla risposta del ministero sono emersi due elementi. Il primo: sullo studio è necessaria la massima riservatezza, perché la Procura sta indagando su circa sessanta morti sospette che potrebbero essere legate alle attività del poligono. L’ipotesi di reato è omicidio colposo. Il secondo dato fornito  è una bugia: in commissione emerge che quelle carte, data la delicatezza dell’argomento, sarebbero classificate come “riservate”. Ecco, non è vero. In testa al documento “Ricerca e classifica di oggetti posati sul fondo in un settore della zona di mare antistante il poligono di tiro di Capo Teulada: relazione finale” c’è scritto NATO UNCLASSIFIED. Quindi sono divulgabili. Ed eccoli: la relazione finale del Nurc e quella del 2009  della MiarSub .

Ora, data per assodata la veridicità delle risultanze,  non è che sono stati scelti cinque chilometri quadrati di mare, su 63 nei quali si è sparato per decenni, dove si era certi che niente sarebbe stato trovato? Cioè: non è che hanno fatto entrare l’ispettore in giardino quando il cadavere era dentro casa? E comunque: se è tutto così pulito, perché quello specchio di mare resta inaccessibile?

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La Procura indaga sui misteri militari di Teulada (quel segreto di Stato ballerino)

In Sardegna, quando c’è di mezzo il ministero della Difesa, non c’è mai chiarezza. Se si parla di poligoni militari, poi,  si sconfina nel mistero. Tanto che a volte si incasinano anche quelli del ministero, come è successo giovedì 26 settembre alla Camera, in commissione Difesa. Qui è emerso che sono secretati documenti già pubblici e, soprattutto,  è stata rivelata ufficialmente una notizia che circolava da tempo: la Procura di Cagliari sta indagando sul poligono di Capo Teulada. Quindi, dopo quello di Quirra, è stato aperto un nuovo fronte per capire se è vero che morti e malattie del sud-ovest della Sardegna siano ricollegabili alle attività belliche che vanno avanti da più di cinquant’anni.

Un passo indietro, per capire.

Nel 2007 Regione e ministero della Difesa annunciano l’avvio di un monitoraggio dei fondali di Teulada. Il comunicato è qui. Si dice: vediamo quello che c’è sott’acqua e poi, se è possibile, bonifichiamo. Tutti pensano che troveranno di tutto, visto che per quasi  dieci lustri a Teulada, per nove mesi all’anno, si spara contro costa, arrivano le portaerei, gli incrociatori, le truppe da sbarco, gli elicotteri, i caccia bombardieri. Insomma, un fronte interno di guerra neanche tanto simulata. I lavori sono affidati al Nurc, il centro ricerche sottomarine della Nato, con sede a La Spezia. Tra maggio e giugno 2007, in una ventina di giorni,  la nave Leonardo trasporta luminari, attrezzature all’avanguardia e militari,  tra l’isola rossa e la costa. Cinque chilometri quadrati (su 63 di servitù) vengono scandagliati al millimetro. Solo che sull’operazione scende il silenzio. Nessuno reclama i risultati. E il ministero non li dà. Cos’avranno trovato? Boh. In rete si trova solo la relazione degli esperti che hanno partecipato allo studio, ma si dice solo che le attrezzature utilizzate sono tra le migliori al mondo per quel tipo di intervento sottomarino. Il documento è qui . Il capo della spedizione, il vulcanologo Osvaldo Faggioni, sei anni dopo esulta: tecniche e strumenti utilizzati, dice, allora erano sperimentali, adesso fanno parte dei protocolli internazionali. Il suo pensiero è stato riportato in un articolo di Sardegna Quotidiano di qualche mese fa. Solo che il vulcanologo non dice cosa è stato trovato: “Relazione classificata”, spiega. Non divulgabile, quindi. Dopo due mesi di telefonate, mail, solleciti, dallo Stato maggiore della Difesa finalmente (a sei anni di distanza dall’arrivo della nave Leonardo) arriva la risposta e le carte vengono rese pubbliche. Dalla relazione (il sunto è qui) emerge che in quello specchio di mare a Teulada non c’è praticamente niente: due mine, un po’ di ferraglia e niente più. Eppure è un tratto interdetto alla navigazione e alla pesca in via permanente. E negli ultimi tempi il ministero della Difesa ha ribadito che l’area è non bonificabile perché troppo compromessa. Si saranno sbagliati.

Intanto il caso era arrivato in Parlamento, con un’interrogazione del deputato di Sel Michele Piras. “Che fine ha fatto lo studio del Nurc e quali sono i risultati?”, chiedeva in sintesi il parlamentare bororese.  La risposta del ministro della Difesa è arrivata solo ieri. Le carte sulla relazione sono già state rese pubbliche, ma il ministero dice che “il documento, originato da una Autorità internazionale, è di carattere «RISERVATO». Lo Stato Maggiore forse la pensava diversamente. Ma la rivelazione, inconsapevole, arriva subito dopo: “Quanto, poi, all’opportunità di rendere noti i contenuti della relazione elaborata dal NURC, ad oggi, non è possibile accogliere tale richiesta, in quanto la situazione ambientale dei fondali dell’area di mare prospiciente il poligono,  è oggetto di procedimento penale n.  4804/2012 della Procura della Repubblica presso il tribunale di Cagliari, nell’ambito del quale è stato notificato al competente Comando Militare Autonomo della Sardegna (COMILES) un decreto di esibizione di documentazione originale (articolo 256 del codice di procedura penale)”. Il testo integrale della risposta è qui.

Il magistrato titolare dell’inchiesta è Emanuele Secci. L’indagine è partita da una raffica di esposti presentati da familiari di malati e morti della zona del poligono, che si sono rivolti agli avvocati Giacomo Doglio, Valeria Farigu, Stefania Serra e Roberto Peara. Ah, i monitoraggi (due, perché c’è anche quello con i sub nel 2009) sono costati più di 400mila euro.

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